Prima che vi uccidano by Giuseppe Fava

Prima che vi uccidano by Giuseppe Fava

autore:Giuseppe Fava [Fava, Giuseppe]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858761786
Google: ZGSgDQAAQBAJ
editore: Giunti
pubblicato: 2013-09-03T22:00:00+00:00


L’indomani i primi a votare furono i braccianti e i contadini che dovevano poi partire per le campagne, poiché la terra abbisognava sempre di chi pensasse a curarla anche nelle domeniche e nelle feste comandate. I padroni di botteghe e gli operai furono pure mattinieri, poi più tardi arrivarono gli artigiani, carpentieri, maestri d’ascia e barbieri, tutti con i cappelli e le cravatte. Le donne vennero per la maggior parte all’ora della messa, stavano con gli scialli neri, a capannello, parlottando dinanzi all’uscio delle sezioni finché non arrivava il loro turno. I soldati del continente, biondi e con i faccioni rosei, di sentinella dinanzi alle sezioni, sbirciavano dentro gli scialli. “Ahà, cummaredda,” dicevano, “un sorriso per il reggimento!”

A mezzogiorno cominciarono a fare il loro dovere di cittadini gli storpi, i paralitici, i ciechi e gli ammalati, tutti in carrozza come tanti pascià, poiché i partiti se li disputavano, di casa in casa come merce preziosa: raccattavano persino i mendicanti dagli scalini delle chiese e se li portavano in automobile fino alle sezioni. Verso sera cominciarono a votare i civili, cioè gli impiegati del comune e dell’ufficio delle tasse, i maestri elementari, i medici, gli avvocati, i cavalieri, i negozianti e i pensionati. I soli che quel giorno non andarono a votare furono i vecchi dell’ospizio di povertà. Questo era sito in un antico convento vicino al cimitero, e da ogni paese della provincia vi arrivavano i vecchi che le famiglie non volevano o non riuscivano più a sfamare, oppure i mendicanti che la questura rastrellava sui marciapiedi, oppure gli ammalati dimessi dagli ospedali e che non avevano più parenti. Erano governati da quattro monaci, quattro francescani più affamati di loro, i quali campavano di elemosina e giravano da una casa all’altra, anche nelle campagne, con una bisaccia sulla spalla, raccogliendo tozzi di pane, verdura e formaggio duro. I quattro francescani procuravano il cibo per i cinquanta vecchietti, cuocevano per loro la zuppa, procuravano le coperte per l’inverno, dicevano la messa e li comunicavano, radevano loro la barba e talvolta giocavano persino con loro. I vecchietti obbedivano come i bambini di un asilo, appena all’alba suonava la campanella si mettevano in fila, pestando i piedi per il freddo e andavano a vedere la messa; a mezzogiorno i monaci battevano le mani e i vecchi accorrevano di nuovo in fila con le posate e la gavetta per avere il rancio; la sera sedevano tutti in cerchio accanto ad un grande braciere e recitavano il santo rosario. Ora dovevano recarsi a votare, ma non sapevano niente di quello che accadeva nella nazione o nel paese, avrebbero dunque votato anche per satanasso solo che i monaci glielo avessero detto.

I monaci avevano chiesto cinquecentomila lire per quei cinquanta voti, diecimila lire a testa, non una lira di meno, poiché nell’ospizio si moriva di fame e la gente dava in elemosina solo pane raffermo e qualche mondello di fave. Era l’occasione buona per aggiustare il tetto al convento e pagare la carne e l’olio almeno per un anno.



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